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La città di Ascoli Piceno presenta un territorio principalmente collinare. Dirigendosi verso Sud è possibile ammirare un altopiano calcareo di travertino molto conosciuto: Colle San Marco di Ascoli.

La posizione geografica del Colle e la fitta vegetazione che presenta lo rendono una meta prediletta per tutti i monaci e anacoreti, i quali vedono nell’altopiano un rifugio perfetto per la meditazione e la preghiera. 

Per tale ragione, infatti, Colle San Marco assunse un’importanza non indifferente durante il Medioevo, divenendo un luogo religioso e mistico.

Situato sul sentiero principale, il bosco di castagno permette di condurre i visitatori ad uno slargo situato al di sopra di uno sperone di travertino. È proprio in questo punto che, posto in maniera visibile sulla parete rocciosa, è presente l’eremo di San Marco di Ascoli Piceno.

Si tratta di un romitorio, ovvero di una dimora isolata ed inospitale in cui di norma si rifugiano gli eremiti. L’edificio religioso dedicato a San Marco evangelista appartiene al Comune e rappresenta una memoria fondamentale di arte e spiritualità della città.

L’Eremo di San Marco, ben visibile da Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno, è una meta imperdibile grazie alla sua suggestiva posizione a ridosso della rupe calcarea. Per la sua posizione a ridosso della rupe calcarea, l’Eremo di San Marco sembra essere parte integrante della parete rocciosa. Le pareti in pietra abbronzata sono arricchite da cinque bifore (5 in tutto) con colonnina e capitello centrale.

A sinistra del complesso si trova il campanile. Per accedervi, bisogna salire su un ponte che attraversa una profonda gola antistante, che prosegue addossata alla roccia. La camera inferiore dell’eremo era un tempo interamente affrescata. Nella camera superiore si trova un edificio tombale del XV secolo con stemmi tibaldeschi.

Eremo San Marco di Ascoli Piceno, storia e origini

Visibile da Piazza del Popolo, l’eremo di San Marco ha origini molto antiche, tant’è che sembra risalire agli inizi del XIII secolo. Le prime documentazioni riguardano una comunità di monaci circensi che si stabilirono sul Colle. Essi, desiderosi di trascorrere il tempo in solitudine per meditare e dedicarsi alla religione, erano soliti scegliere luoghi isolati ed inaccessibili in cui risiedere.

In linea generale possiamo affermare che tutta la zona di Colle San Marco, proprio a causa della sua conformazione geografica e territoriale, con fitta vegetazione, dirupi e grotte naturali, era meta ideale per i martiri sin dal VI secolo. Fu in quel periodo che l’anacoreta Agostino visse sul colle, divenendo poi santo e patrono degli eremiti.

L’eremo di San Marco è l’ottavo monastero di Ascoli Piceno che appartiene ai cistercensi. Sin dal 1253 il cenobio era infatti abitato dalla comunità appartenente alla congregazione benedettina di Bernardo Chiaravalle. Ai tempi il monastero era sotto la protezione della chiesa ascolana.

Nel 1289 il Papa Niccolò IV dichiarò con una bolla pontificia che chiunque si fosse recato penitente all’eremo nel giorno di san Marco avrebbe ottenuto l’indulgenza plenaria.

Un tempo il cenobio era dotato di una cappella, un dormitorio, un refettorio ed una cucina, situati all’interno di un piccolo edificio ormai scomparso. I monaci disponevano inoltre di una macina in travertino, grazie alla quale lavoravano i cereali. Il monastero era alquanto agiato economicamente, tant’è che presentava arredi in argento.

Nel 1385 il priore Nunzio da Fabriano respinse la visita del vescovo Pietro III Torricella, si suppone per nascondere le prosperità del cenobio alla chiesa della città di Ascoli. A quel punto il vescovo che succedette a Torricella concesse il diritto di patronato sul cenobio alla famiglia Sgariglia.

Non ci sono prove certe sulla motivazione per cui ciò avvenne, soltanto una serie di teorie e supposizioni. Nel manoscritto di Luigi Pastori si suppone che la famiglia Sgariglia possedesse il terreno sulla quale i monaci edificarono il cenobio, motivo per cui il vescovo decise di concedere loro il cenobio a seguito della soppressione del monastero.

Nel 1410 il cenobio divenne una chiesa che presentava una campana con le lettere dell’Ave Maria fuse a rilievo. Fu aggiunta anche una scala di accesso ed un altare. La famiglia Sgariglia provò ad esercitare la cura delle anime al suo interno, ma non ebbe molto successo, in quanto l’edificio non era facilmente accessibile.

Successivamente divenne un rifugio per alcuni nobili guelfi appartenenti alla casata Sgariglia ed a quella Tibaldeschi. Nel 1474 fu costruita la chiesa di San Bartolomeo, momento in cui l’eremo cominciò a decadere.

Verso la fine del XIX secolo l’edificio era ormai abbandonato e per tale ragione subì una serie di furti, tra cui quello degli arredi, dell’altare, nonché diversi atti vandalici, tra cui la profanazione delle tombe e la distruzione degli affreschi e degli arredi.

Soltanto nel 1908 il sindaco di Ascoli Piceno decise di restaurare l’eremo.

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